Il 2023 ha visto uno sguardo su tutti aprirsi sul mondo della regia femminile (e non solo): parliamo naturalmente di quello della regista francese Justine Triet e del suo pluripremiato Anatomia di una caduta.
Dopo essersi aggiudicata la Palma D’Oro al 76º Festival di Cannes, Triet ha continuato la sua scalata verso il successo trionfando agli European Film Awards, ai Golden Globe e più recentemente ai Premi César, avvicinandosi con il vento in poppa all’appuntamento con gli Oscar del 10 marzo, ai quali è candidata per Miglior Regia (unica regista donna in cinquina), Miglior sceneggiatura originale e Miglior film.
In vista dell’Omaggio a Justine Triet in programma quest’anno a Sguardi Altrove Film Festival, abbiamo voluto ricostruire l’anatomia di questo successo attraverso i suoi tasselli, ripercorrendo i momenti salienti di una carriera già piena di traguardi.
E se non volete perdervi l’occasione di vedere alcuni di questi film sul grande schermo, appuntamento a Milano dal 15 al 24 marzo con Sguardi Altrove Film Festival!
Anatomia di un successo
Quali sono quindi i tasselli di questo successo? Potremmo dire che il segreto di Triet si compone di due elementi fondamentali – anzi – rimanendo in tema, di due parti del corpo fondamentali: mente e cuore.
La mente
La mente, simbolo della parte più razionale e critica dei suoi lavori, accompagna Triet dagli inizi della carriera, dai tempi dei primi documentari Sur Place (2007) e Solférino (2009).
In questi è infatti è già presente la vena più politica della regista, che in Sur Place esplora le proteste studentesche contro le condizioni precarie dei giovani lavoratori mentre in Solférino racconta le presidenziali del 2007, che videro la vittoria di Nicolas Sarkozy.
Questa parte razionale non è visibile solo nella posizione impegnata di Triet, che da quel momento ha continuato a raccontare le vicende politiche del proprio paese, ma anche nei modi del suo racconto.
Triet non documenta solo le folle di protestanti ma ci mostra anche come altri sguardi, quelli dei media, raccontano quegli stessi momenti creando una propria versione della vicenda.
Con questi primi lavori la regista ci invita già a ragionare sulle verità parziali che possono nascere da queste diverse narrazioni, proprio come farà più tardi in Anatomia di una caduta.
Il cuore
Il cuore invece arriva nel 2010, con il corto-documentario Des ombres dans la maison: ci spostiamo questa volta in Brasile, per seguire la battaglia di affidamento del quindicenne Gustavo.
Des ombres segna un punto di svolta nella carriera di Triet proprio perché la sua regia inizia a concentrarsi sempre più sui personaggi, rendendoli il cuore del suo cinema grazie ad un racconto ora intimo e preciso.
Ne è un esempio il suo primo lavoro di finzione Vilaine fille, mauvais garçon (Two ships, 2012), candidato alla Berlinale per l’Orso d’Oro come miglior cortometraggio: il film è il racconto di una notte condivisa da due solitudini, quelle del giovane artista Thomas e di Laetitia.
Triet inizia qui ad unire lo sguardo razionale del documentario a una scrittura profondamente reale dei suoi personaggi, cosa che farà anche l’anno successivo con il suo primo lungometraggio La Bataille de Solférino(2013).
In La Bataille la regista continua infatti a sperimentare questo connubio in una particolare rivisitazione delle presidenziali, questa volta quelle del 2012, intrecciando l’evento alle vicende fittizie di una giornalista sul campo.
Il film è candidato come Miglior opera prima ai César dello stesso anno.
Le ultime prove
Triet continua a focalizzarsi sempre di più sulla scrittura per esplorare e comprendere l’animo umano, specialmente nelle sue fragilità.
È su questa scia che nascono i due lungometraggi che abbiamo scelto per il nostro omaggio: Tutti gli uomini di Victoria (2016) e Sibyl – Labirinto di donna (2019).
Entrambi vedono protagonisti una donna alla ricerca dell’equilibrio ideale tra vita privata e professionale: Victoria è un’avvocata penalista, separata e con due figlie a carico, travolta in una spirale di sensi di colpa condita dai ricatti dell’ex marito.
In Sibyl – Labirinti di donna, presentato in concorso al Festival di Cannes, Triet racconta le complessità di una psicologa che all’improvviso decide di abbandonare la professione per dedicarsi alla scrittura.
Sibyl decide però di mantenere i contatti con una delle sue pazienti, Margot, una giovane attrice che renderà a sua insaputa l’eroina del proprio romanzo.
Il risultato
È quindi anche l’incontro di questi due tasselli, ora sempre più affinati, ad aver determinato il successo di Anatomia di una caduta.
La mente, legata alla vena politica e critica della regista, è ciò che ha fatto di questo film un legal drama determinato ad esplorare da una parte il concetto di giustizia nelle sue zone d’ombra e dall’altra i diversi volti che la verità può assumere quando è messa alla mercè del pubblico.
Lo vediamo nei racconti dei giornalisti fuori dal tribunale, nella versione della corte e nella registrazione che Samuel realizza il giorno prima di morire: diverse sono le possibilità di lettura che lo spettatore deve ogni volta dissezionare e rimettere insieme, in un gioco costante alla ricerca di una qualche verità.
Il cuore invece è ciò che ha reso le relazioni tra Sandra, il marito Samuel e il figlio Daniel così autentiche e viscerali, capaci di tenerci incollati allo schermo e di farci rispecchiare nelle loro fragilità e nei loro punti d’incontro.