Sguardi (S)confinati 2023

Sguardi (S)Confinati 2023

Davanti a situazioni più grandi di noi, verso le quali siamo o ci sentiamo quasi impotenti, è naturale rivolgere lo sguardo verso il nostro rapporto con l’altro, verso i piccoli passi che ognuno può compiere per resistere, lottare, dare una svolta alla Storia. Nella selezione di cortometraggi a regia femminile, si parlerà proprio di relazioni, senza però dimenticare di accendere la luce sulle realtà repressive che riempiono da mesi la cronaca internazionale.

L’aspetto più affascinante di un festival internazionale è racchiuso proprio in questo aggettivo. Nella possibilità di viaggiare attraverso culture, lingue e usanze diverse, nello spalancare gli occhi davanti a scenari sconosciuti per poi accorgerci, in modo spesso commovente, che i desideri, le paure e i bisogni più profondi accomunano ogni essere umano, a prescindere dalla sua provenienza.

Tutte le opere d’arte, e il cinema non fa eccezione, sono figlie del loro tempo, indissolubilmente legate alla realtà che viviamo, al clima di trasformazione, positività o inquietudine che respiriamo. In un momento storico sferzato da ondate pandemiche, guerre, repressioni, non stupisce quindi che lo sguardo torni a posarsi su ciò che abbiamo più vicino.

Come dire che, davanti a situazioni più grandi di noi, verso le quali siamo o ci sentiamo quasi impotenti, è naturale rivolgere lo sguardo verso il nostro rapporto con l’altro, verso i piccoli passi che ognuno di noi può compiere per resistere, lottare, per dare una svolta alla Storia. E se questi anni ci hanno insegnato che il contributo di ognuno è imprescindibile, oggi siamo sempre più consapevoli che nessuno si salva solo: è quasi sempre l’unione e il confronto con gli altri a permetterci di uscire anche dal buio più nero.

Nella selezione 2023 di Sguardi (S)confinati, dedicata ai cortometraggi a regia femminile, si parla quindi tanto di relazioni, senza però scordarsi di accendere la luce sulle realtà repressive che riempiono da mesi la cronaca internazionale.

Dall’Iran e dall’Italia arrivano due storie di solidarietà infantile: Natìa di Roberta Spagnuolo e A Shared Path di Negar Naghavi commuovono attraverso racconti e contesti diversi, ma mostrando la stessa toccante dinamica solidale tra giovani ragazzi.

Di sorellanza parlano Tria – Del sentimento del tradire di Giulia Grandinetti e Les Huîtres di Maia Descamps: il primo attraverso un racconto distopico ma dalla profondità travolgente, il secondo mostrandoci come la comprensione e il supporto di altre donne siano spesso l’unico ponte percorribile verso un nuovo inizio.

E mentre in Darb’oħra di Sarah Zammit e in Bitch di Oleg Sirotkin al centro della storia c’è il rapporto madre-figlio con il suo desiderio di vicinanza, di riparazione e spesso di disperazione, in Above the City di Malika Mukhamejan e in Albertine, where are you? di Maria Guidone, è l’amore a rappresentare la lente attraverso cui guardare la realtà: una lente spesso appannata, che solo a tratti rende chiari i contorni dell’altro e di noi stessi.

Ma il confronto con il diverso porta alla luce anche la ferocia di sistemi politici e religiosi tristemente contemporanei. In Ka Me Kalu di Flonja Kodheli, riemerge il fantasma della dittatura socialista albanese, uno spettro che riacquista corpo e attualità in Saving Kolobok di Zhanna Shmakova in cui entra letteralmente in scena il sistema repressivo russo.

A parecchi km di distanza ci aspetta invece l’Egitto con Dear Ward di Marwa El Sharkawi che documenta la barbarie della mutilazione genitale femminile e i suoi effetti. Il nostro viaggio si conclude in Libano con Dania Bdeir e il suo Warsha, una piccola storia che ci ricorda come talvolta anche solo sognare sia un atto di coraggio: un atto che può essere il primo passo per spiccare il volo.