Da quanto riportato in un articolo di The Gulf Today, uno dei quattro più importanti quotidiani degli Emirati Arabi Uniti, la famosa regista libanese Nadine Labaki è intervenuta al Beirut Institute Summit presso il St.Regis Abu Dhabi Hotel questo 11 Ottobre, per parlare dell’importanza del cinema e dell’arte nel mondo Arabo.
Un intervento importante, quello della Labaki, regista di “Caramel” (2007) e “E ora dove andiamo?” (2011), che con la propria arte, da sempre affronta temi legati alla condizione della donna nei paesi Arabi, soprattutto il Libano, sua terra natale.
La regista ha espresso con chiarezza ciò che l’arte le ha permesso di fare, ossia mostrare la propria rabbia attraverso la creatività: in tal senso, dice, “il cinema è la più potente arma non violenta che si possa usare per ottenere i cambiamenti che vogliamo”
A confermare le affermazioni della Labaki, vi sono anche gli interventi di Jehane Noujaim, un’altra regista araba molto influente nel cinema internazionale: le sue origini per metà egiziane e per metà americane, le hanno permesso di avere conoscenze eterogenee e variegate.
I suoi lavori più famosi sono il documentario “Control Room” (2004), in cui analizza i rapporti tra i media statunitensi e quelli di Al Jazeera e come essi hanno gestito le informazioni sulla guerra in Iraq del 2003, e “The Square” (2013) sulla rivoluzione egiziana, con cui è stata nominata agli Oscar nella categoria documentari e ha vinto il premio della critica al Sundance e al Toronto Film Festival nel 2013.
Parlando di arte, non poteva mancare un intervento di Khaled Mouzanar, musicista e marito di Nadine Labaki, il quale ha espresso l’idea che “dove la politica fallisce, l’arte invece può avere successo”; la musica ha in tutto ciò la sua estrema importanza, in quanto nei paesi arabi, così come nel resto del mondo, ha fatto da “sincronizzatrice di emozioni ed idee”, sostituendosi spesso ai politici o aspiranti tali.
L’open session che ha visto questi artisti discutere ed esprimere il proprio punto di vista, è alla base del Beirut Institute Summit, il quale ha promosso una prospettiva interdisciplinare che va al di là della concezione tradizionale di “problemi politici o sociali”, e ha dato spazio al punto di vista delle donne arabe, alle nuove idee per “città intelligenti” e alla relazione tra politica e arte.